Il Consiglio Regionale
ANDI della Lombardia, nella sua seduta del 29 maggio 2000, ha avuto
l'opportunità di discutere il documento espresso dall'ANDI Veneto il 22
maggio 2000 e di commentarlo come segue.
L'Associazione riprende a
funzionare, a produrre rappresentatività della categoria, e tornano a
circolare documenti territoriali che esprimono dolore; il dolore di
coloro che non possono più trovare spazio se l'ANDI assolve
efficacemente il proprio compito.
Se questo deve essere il prezzo da
pagare, ben vengano questi documenti; anche la Lombardia vuole esprimere
il proprio pensiero, il pensiero della regione più numerosa, della
regione che ha sempre pensato, nei decenni, solo a costruire per la
difesa della categoria e non nell'ottica dell'interesse del singolo. Lo
facciamo iniziando dall'ultimo punto citato nel documento veneto,
iniziando dall'affermazione che il Presidente dell'Assemblea del 29
aprile ha concesso ai delegati la possibilità di votare argomenti non
all'ordine del giorno, e nella fattispecie la candidatura di Malagnino
alla VicePresidenza dell'ENPAM. "Dubitare di sé fa male, ma la
certezza è la virtù dei cretini" scriveva Voltaire. Noi lombardi,
presenti all'Assemblea come delegati delle nostre sezioni provinciali, a
questo punto dubitiamo di aver compreso bene lo svolgimento della
stessa: eravamo convinti di aver votato sulla relazione del Presidente e
sulla relazione finanziaria, e basta. Ci è probabilmente sfuggita una
parte dell'Assemblea; o se l'è sognata qualcun altro. La violenza
verbale e comportamentale utilizzata in questi tempi da chi vuol
violentare il diritto stesso dell'Associazione ad una vita democratica
ha superato ogni limite, e non possiamo più permettere che danneggi
ulteriormente l'ANDI.
Pertanto vogliamo anche noi esprimere la nostra
voce in questo contesto, anche per evitare che si possano continuare a
sostenere una serie infinita di non verità. E' una non verità che il
Presidente nazionale abbia violato le regole: la relazione da lui
inviata per Statuto doveva essere inviata due mesi in anticipo sulla
data dell'Assemblea; doveva chiudere l'Associazione in quei due mesi?
Abbiamo eletto una dirigenza perché ci diriga, si prenda la
responsabilità delle decisioni: se sbaglia la mandiamo a casa!!! Non
abbiamo bisogno di semplici autisti. Ognuno ha il diritto di critica, ma
non si può travisare la realtà per poter criticare. L'ANDI Lombardia
chiede che si discuta sui fatti, che si lavori per la difesa della
categoria e non solo per fare polemica; l'ANDI Lombardia sa che alcuni
rappresentanti di altre zone sostengono che la Lombardia ha troppo
potere, e noi non aspettiamo altro che di cederlo, questo potere. Ma lo
vogliamo cedere solo a chi dimostra di saper lavorare, e non solo
parlare, perché il suo potere la Lombardia l'ha costruito sul lavoro e
non sulle parole. I soci si iscrivono all'ANDI per essere rappresentati
nella difesa dei loro interessi, e non soltanto per sovvenzionare
esercizi dialettici fini a sé stessi. Su queste basi intendiamo inviare
all'ANDI nazionale e diffondere il seguente documento che abbiamo
approvato all'unanimità.
Il Consiglio Regionale ANDI Lombardia
esprime all'Esecutivo nazionale ed al Presidente Paolo Amori il più
vivo apprezzamento per come hanno saputo riportare l'Associazione fuori
dalle sabbie mobili di una situazione pericolosa, provocata dallo
scorretto comportamento di alcuni colleghi, garantendo che sul cammino
della coerenza politica e del lavoro sindacale ci sarà sempre il
sostegno della nostra regione.
Esprime altresì il più sincero
apprezzamento e sostegno ai propri esponenti presenti negli organi
dirigenziali nazionali per la loro coerenza e per il loro impegno
associativo, svolto con serenità e disponibilità, senza desideri di
dannoso protagonismo.
Ritenendo che negli incontri associativi ci sia
stato, in questo periodo di presidenza di Amori, il massimo rispetto
delle regole da parte della dirigenza nazionale, richiama al contrario
l'Associazione tutta perché aiuti la dirigenza nazionale a proseguire
il proprio impegno in modo democratico e fermo, emarginando coloro che
partecipano alle manifestazioni col solo intento di turbare il sereno e
corretto svolgimento delle stesse.